Il SEO ucciderà la letteratura?

Quante possibilità abbiamo che nasca uno Shakespeare digitale?

Considerazioni per content creators

Chi negli ultimi 5 anni è passato a creare contenuti dall’offline all’online si è subito scontrato con una disciplina (o meglio con un insieme di tecniche) chiamata SEO, Search Engine Optimization, ossia quella particolare branca del digitale che aiuta le aziende a posizionarsi tra i primi nei motori di ricerca. La SEO è il risultato dell’evoluzione della competizione nel mondo digitale, iniziata da esperti sviluppatori e codificatori, ed è progredita come sono progrediti gli algoritmi. Finora la sua evoluzione ci ha consegnato una serie di regole sempre più sofisticate da seguire nella compilazione dei testi, se non si vuole finire in fondo alle pagine di Google e, quindi, essere invisibili online.Se si possiede un e-commerce, si vuole lanciare un prodotto online o si ha un’attività anche no-profit di qualunque genere, occorre comunicare. Più si comunica più i motori di ricerca familiarizzano con un sito o un brand, aumentandone la visibilità.

Uno dei modi più efficaci per comunicare è creare contenuti, come gli articoli.

I contenuti che appaiono sui siti sono valutati da Google tramite algoritmi specifici che ne valutano la qualità, per decidere dove posizionarli nelle sue pagine e quanta importanza dargli. Per questo sono nate pagine e pagine di blog aziendali oltre che personali. Le imprese, gli enti e altre organizzazioni online pubblicano articoli e notizie anche su argomenti non direttamente correlati alla vendita di prodotti e servizi, proprio per guadagnare fiducia e authority nei confronti dei motori di ricerca. Da qui il lavoro di milioni di content creators in tutto il mondo che ogni giorno scrivono su ogni argomento per farsi notare da Google.

Come s’intuisce è un campo affascinante, dove si è sempre a caccia dell’ultima innovazione, come ad esempio, servizi connessi alla SEO come il linkbuilding che aiuta ad ampliare la visibilità di un sito o di un e-commerce attraverso lo sviluppo di contenuti ad hoc e il loro posizionamento in siti e blog ritenuti strategici. Il che riporta all’importanza di ogni contenuto prodotto e pubblicato su internet e dei suoi effetti.

Sviluppare contenuti per migliorare la SEO pone domande di ordine teorico che hanno un importante risvolto pratico: in base a cosa si valuta la qualità di un contenuto e con essa la visibilità di un sito?

Google e altri motori di ricerca premiano diversi aspetti. La quantità, ad esempio, più un sito contiene pubblicazioni più aumenta in visibilità, e l’aggiornamento, siti con articoli più recenti si posizionano meglio di siti con vecchie pubblicazioni. A parità di quantità e aggiornamento, cosa rende un contenuto migliore di un altro o un testo migliore di un altro? In realtà forse dovremmo dire che qui più che parlare di qualità dovremmo limitarci alla visibilità: i testi o contenuti scritti per il digitale sono ritenuti validi quanto più si rendono visibili.

Le prime regole base della SEO premiano contenuti che:

  1. Contengono determinate parole chiave in base all’argomento di ricerca
  2. Le parole chiave ricorrono nel corso del testo, come nel titolo
  3. Riportano link utili a fonti già ritenute affidabili.

Le parole chiave sono quelle più digitate in base ad un argomento di ricerca. Ad esempio, se effettuo una ricerca su “ingredienti antiossidanti”, Google mi proporrà gli articoli più recenti pubblicati dai siti e dai blog più noti che abbiano indicizzato quelle parole e che ricorrano più volte nel testo e nel titolo. Molte volte un blog pubblica pagine e pagine di contenuti su determinati argomenti non perché verranno letti, ma perché più contenuti ci sono più il blog acquista autorevolezza. Il web è pieno di pagine digitali che contengono articoli, in definitiva, di quasi nulla. Milioni di content creators in tutto il mondo, si alzano e oggi mattina compilano pagine e pagine di testi nel tentativo di battere la loro battaglia quotidiana nel raggiungimento della migliore posizione nei motori di ricerca.

Se parliamo di forma poi, le prime due regole elencate non corrispondono a quelle tradizionali della stesura di un buon testo, fino ad essere in conflitto con avere stile e originalità per la ridondanza di concetti e soprattutto di termini. Vi sarà capitato di leggere online contenuti ottimizzati SEO, avete mai la sensazione che un testo contenga un’introduzione molto lunga e che a metà dell’articolo abbia detto molto poco? Probabilmente il testo non era neanche indirizzato alla lettura, ma solo a essere riconosciuto dai motori di ricerca.

Volendo indagare meglio le regole per scrivere un buon articolo, Google utilizza il paradigma EAT ossa Expertise, Authortativeness e Trustworthness (Competenza, Autorità e Affidabilità) per definire quando un articolo è di qualità. Tra i criteri di questo paradigma:

“I siti o le pagine senza alcun tipo di fine utile, incluse le pagine create senza intenzione di aiutare gli utenti, o che potenzialmente diffondono odio, provocano danni, ingannano o disinformano le persone dovrebbero ricevere il rating più basso”. Continuando “alcune tipologie di informazioni si trovano quasi esclusivamente sui forum e all’interno delle discussioni, dove una comunità di esperti può fornire preziose prospettive su argomenti specifici”. Inoltre, “i contenuti devono essere di qualità, unici, completi, originali e non duplicati da altri siti o pagine interne”. Riguardo la competenza, è intuitivo pensare che chi scrive ne abbia titolo, e che “esperto” sia una persona o un insieme di persone che conoscano a fondo un argomento, e magari che abbiano già pubblicato in merito. L’autorevolezza, invece, fa più riferimento al valore del contenuto stesso e al dominio. Elementi come numero e qualità dei link inseriti o citazioni da altre fonti ritenute già affidabili contribuiscono a segnalare la qualità di un contenuto a Google stesso (per approfondimenti si rimanda a: Google e a Seozoom).

Insomma, più si pubblica, più si è popolari…più si è autorevoli. Il che porta diretti all’equazione qualità uguale popolarità.

Il mondo virtuale supera dei limiti che il mondo reale ha, è vero, ma con essi, sacrifica una parte di originalità, quella propria che nasce dal mettere insieme parole e concetti molto lontani tra di loro, utilizzando parole diverse, senza contare che lo sforzo maggiore si fa non verso il contenuto in sé, ma per essere accreditati o ritenuti autorevoli, cosa che  riduce di molto la possibilità che contenuti di autori nuovi e non ancora ritenuti autorevoli possano vincere la battaglia della popolarità e diffondere testi originali. Se la lettura digitale soffre di endemica mancanza originalità, di migliaia di testi banali scritti in modo banale, di pagine e pagine pubblicate per illudere l’algortimo di Google che chi scrive è esperto in quella materia, sembriamo condannati alla mediocrità, almeno online.

Possiamo sperare in un nuovo Shakespeake nativo digitale?

E se si con quali caratteristiche? Pubblicherebbe milioni articoli e contenuti che in realtà nessun leggerà mai interamente? Sarebbe ultraspecializzato? Diventerebbe Shakespeare perché molto popolare? O peggio diventerebbe il più grande autore digitale perché ripete a iosa concetti semplici per menti divenute sempre più semplici a furia di leggere cose scritte nella stessa forma imposta dalla SEO?

Forse no, o almeno ce l’auguriamo. Uno dei film più celebri e ricco di originalità di tutti i tempi è Dottor Stranamore di Stanley Kubrik, il cui sottotitolo recitava “O di come imparai a smettere di preoccuparmi e ad amare la bomba”. Uscito nel 1964, si trattava di una divertentissima satira in piena guerra fredda che esorcizzava il pericolo della guerra atomica attraverso un punto di vista nuovo: e se scoppiasse davvero la guerra cosa accadrebbe? Se l’impoverimento stilistico e creativo della qualità dei testi dovuto alle tecniche SEO è la nostra bomba, cosa accadrà dopo? Come arrivare a smettere di preoccuparci e ad amare la bomba?

Proviamo ad avere un nuovo punto di vista. Come sappiamo, accaparrarsi le prime posizioni sui motori di ricerca è una battaglia continua ed estenuante e chi guadagna questa posizione deve sempre produrre molti contenuti per mantenerla. Google, in fondo, si comporta come una sorta di deus dell’Olimpo dal carattere uterino che ogni giorno decide chi premiare e chi no, e soprattutto, perché diventa ogni giorno più intelligente (come sostengono in molti), cambia idea continuamente. E il cambiamento porta in genere, in maniera del tutto inconsapevole, un po’ di creatività e qualcosa di inaspettato. Il nostro nuovo Shakaspeare digitale potrebbe nascere e diventare famoso non perché autore di migliaia di righe sullo stesso argomento, ma perché magari viene catapultato alla sommità delle posizioni nei motori di ricerca da un algoritmo in conflitto con altri algoritmi.

In realtà è troppo presto per dire verso cosa stiamo evolvendo e cosa sarà considerato in futuro originale, di qualità e creativo. Questo articolo non desidera essere esaustivo sull’argomento, al contrario, serve solo a fare qualche considerazione sul modo di pensare e di lavorare che tecniche come queste impongono e su come influisce sulla nostra vita di ogni giorno, prendiamo informazioni e ci abituiamo a leggerle.

Infine, vorrei avvisare i lettori che questo articolo è in parte ottimizzato per la SEO, dato che contiene anche parole pericolose come “bomba” che faranno sprofondare questo contenuto nelle ultime pagine di Google. Oppure, Google potrà ritenere che mettere insieme e ripetere le parole: Seo, Shakespeare, bomba e content creator sia uno sforzo di originalità da premiare, facendomi rimontare miracolosamente nelle posizioni più ambite nelle pagine di ricerca sulla Seo o la content creation.

A chiunque capiterà di leggere questo articolo l’ardua sentenza.

Articolo pubblicato su Medium.com il 2 novembre 2021